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Il piatto… Perde

Torsione coronale dei due incisivi centrali naturali. Osservare l’andamento delle creste di sviluppo.
A. Puntoni

A. Puntoni

lun. 10 novembre 2014

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«Lo scopo di questo articolo è quello di risvegliare l’anima nobile che risiede in noi, per applicarla nel nostro campo professionale, che non vuole essere soltanto una produzione tecnica, ma include anche sentimenti che suscitano le emozioni come crescita dinamica, spesso relegata a protocolli standardizzati dogmatici e privi di sensibilità». (La creazione dentale e l’armonia di un insieme. Il viaggio, di Giorgio Talarico e Ezio Morgante, Edizioni Quintessenza).

Il piatto… Perde
Sguardo fisso, fiero, labbra che assaporano il dolce del successo estetico. Decido di seguire il manufatto fino alla consegna, ho bisogno di stimoli importanti, un po’ di soddisfazione non è male!

Per dirla con Paulo Coelho «non è importante la meta, ma il cammino» (Il cammino di Santiago). Il viaggio è un apoteosi di sensazioni positive, traslucenze e opacità che si contrastano, assorbimenti e riflessioni che creano il gioco di luce che ha preso vita ed è nato proprio dalle mie mani.

Il sorriso stampato sul mio volto è il buongiorno appena varcata la soglia dello studio odontoiatrico. Chiara è già in poltrona e mi scruta incuriosita dalla mia strana eccitazione. Scorgo soddisfazione anche negli occhi e nella postura di Francesco, il clinico, che muove l’articolatore appena estratto dal contenitore etichettato. Il provvisorio è stato rimosso, gli elementi dentali residui preparati già detersi e pronti ad accogliere la nuova situazione estetica, in un attimo la protesi definitiva è al suo posto.

La percezione visiva mi accompagna, mano nella mano verso il baratro. Sottile avorio sapientemente levigato solcato da splendide venature, nasconde fibre legnose di tasti intervallati da diesis e bemolle che imitano le zone interdentali che si aprono verso le papille retratte.

Eh sì, una splendida tastiera appare non appena si solleva il coperchio e ci si sbarazza del feltro rosso di un magnifico Steinway and sons, peccato che il palcoscenico della chiostra dentale abbia di simile soltanto i colori e il peso della coda di questo pianoforte non è altro che il grande fardello che mi opprime mentre esco dalla sala operativa.

Dove sono finite tutte le straordinarie traslucenze che vedevo, i chiaro scuri che mi apparivano muovendo il modello master sormontato dall’indice nella consueta veste odontotecnica, la riflessione della luce era buona, segno di una mappatura superficiale eseguita con cura, il colore appariva gradevole, ma che cosa ho sbagliato di cosi decisamente importante?

Pian piano mi tornano alla mente le parole di Lanfranco, Paolo, Hitoshi, Shigeo, Makoto, Yoshimi, ma anche di Klaus, Michael, Roberto e Cristiano – «la forma è il colore» –, scorro mentalmente tutti quei dettagli anatomici che ho tralasciato, trascinato da quell’entusiasmo che trasferivo al pennello e dalla voglia di sentirmi l’artista che invece non sono.

Fortunatamente non serve esserlo, nel nostro lavoro è solo un valore aggiunto, abbiamo un modello da copiare, dobbiamo conoscerlo molto bene per cercare di realizzare un falso più vero possibile.

«La forma è il modo di manifestarsi della materia». (Hegel) A questo punto mi chiedo, mi serve per fare una riflessione: “Perché di fronte a un’opera scultorea in marmo come il Mosè di Michelangelo Buonarroti non si percepisce come elemento di disturbo la mancanza del colore?” (Fig. 1).

L’emozione che ti avvolge è dovuta ai dettagli anatomici, all’espressione del volto, alla fluidità della muscolatura del braccio sinistro, alla levigatezza che mette in luce le fasce muscolari e le gonfie vene nel tratto dal ginocchio destro, sino al piede e ti fa dimenticare che in passato quello era soltanto un pezzo di pietra. L’osservazione si riporta sulla totalità dell’opera e sorprendentemente l’energia sprigionata dalla raffigurazione si concentra nella torsione del corpo con la spalla sinistra in posizione più avanzata rispetto alla destra e, viceversa, il ginocchio destro più in alto e protruso del sinistro, il volto che rivolge lo sguardo su una linea divergente all’asse del corpo aumenta, in maniera esponenziale, la torsione e il potenziale espressivo di tutta l’opera (Figg. 2a-e).

È proprio su quest’ultimo, ma non per importanza, dettaglio anatomico vorrei focalizzare l’attenzione, cercando di introdurlo in quello che ogni giorno dobbiamo realizzare e che fra tutti i dettagli anatomici è quello di cui meno si parla anche in letteratura (Fig. 3). Mi trovo a Paestum, nel 2004, dopo aver tenuto una relazione, assisto nello stesso congresso alla presentazione di Paolo Miceli coadiuvato nelle fasi pratiche dal collega Beniamino Foresi, “Bengy” per gli amici. Per la prima volta sento parlare della torsione coronale dei canini superiori con una spiegazione precisa e dettagliata che suscita in me il desiderio di saperne di più.

Torno in laboratorio, nei giorni successivi nella mia mente risuona come un’eco: «viste le dimensioni del mio capo», parole usate da Paolo. Inizio a ricercare in letteratura ma poco o nulla, passo a osservare i modelli da studio che ho selezionato negli anni e giacciono sopra alla mensola di fronte al mio banco di lavoro, in quel momento uno dei clinici con cui collaboro, in visita nel mio laboratorio per discutere alcuni casi da realizzare, mi omaggia con degli elementi dentali naturali estratti sapendo di farmi cosa gradita e come d’incanto inizio a tirar fuori tutti gli elementi naturali che negli anni sono riuscito a reclutare. Inizia la fase della duplicazione, delle polveri opacizzanti, di scatti al microscopio con i flash al posto delle fibre ottiche. Parte così la fase del “riempi bagaglio”, ma troppe informazioni rischiano di creare confusione, c’è bisogno della fase successiva, quella che io chiamo di digestione e assorbimento di tutte quelle informazioni.

La terza fase è la notifica, tutti gli appunti presi devono essere trascritti in maniera che “noi umani” possiamo capirli o almeno riuscire a leggerli.

Per iniziare a parlare di questo piccolissimo studio per così dire “homemade”, vorrei citare le parole di uno dei più grandi maestri odontotecnici, Makoto Yamamoto: «ogni elemento dentale sia esso anteriore o di occlusione, superiore o inferiore ha la propria torsione coronale».

Parlando in questa fase del sestante superiore non posso che partire dallo studio di J.L. Williams che nel 1912 individuò una certa correlazione tra forma facciale e forma dentale. Questa ricerca trovò immediata applicazione in protesi mobile ma negli anni la stessa teoria è stata estesa anche alla protesi fissa (Figg. 4a-c). In natura la forma triangolare presenta una torsione coronale maggiore di quella quadrata, sino ad arrivare alla forma ovoidale che risulta la meno espressiva rispetto alle precedenti.

Per questo motivo prendo in considerazione la forma che mette in risalto maggiormente questo dettaglio anatomico. La poca conoscenza della torsione labiale degli incisivi può portare a ricostruzioni protesiche piatte o protruse distalmente (Figg. 5a-b). Osservando l’elemento dentale naturale in visione incisale, immediata è la percezione che le creste marginali mesiale e distale abbiano due sviluppi differenti in senso cervico-incisale (Figg. 6a-b).

La linea di transizione mesiale o lobo-mesiale risulta più vestibolarizzata in zona cervicale e man mano che decorre verso incisale rientra con andamento linguoverso fino ad arrivare all’apice del bordo incisale creando con quest’ultimo un angolo abbastanza accentuato. Esiste per la torsione buccale una stretta correlazione con le vie di fuga palatali, più o meno accentuate a seconda della forma geometrica di base e dalla classe masticatoria di appartenenza, presenti sin dalla nascita dell’elemento dentale o create dall’azione masticatoria (Figg. 7a-f).

Queste zone libere sono estremamente importanti nelle traiettorie funzionali di latero-protrusione e si trovano nella zona più incisale delle creste marginali palatali, infatti, la rientranza del lobo mesiale labiale unita al minor spazio occorrente a lasciar passare la porzione mesio-incisale dell’incisivo inferiore del lato bilanciante durante gli spostamenti laterali (sul lato lavorante) fa sì che la depressione a “goccia” della via di fuga mesiale sia più piccola e meno profonda di quella distale. La cresta marginale distale ha invece un andamento opposto alla mesiale, sì sviluppa in zona cervicale più retrusa e nel decorso verso l’incisale si protende sempre più in senso labiale collassando lingualmente a ridosso del bordo incisale.

Questo determina un arrotondamento dello spigolo disto-incisale e un maggiore spazio per la via di fuga palatale che risulta più ampia e profonda della mesiale, considerato che si trova sulla traiettoria della porzione disto-incisale dell’incisivo inferiore, antagonista negli spostamenti latero-protrusivi lavoranti (Figg. 8a-b), lasciando talvolta intravedere in proiezione vestibolare la sporgenza laterale della cresta marginale linguale (Fig. 9).

La partenza cervicale del lobo distale è determinata anche da una concavità (solco distale) di cui per primo il maestro Yamamoto ne intuì l’importanza.

Questa depressione ha forma triangolare, si sviluppa con la sua base dalla sella della linea cervicale anatomica distale dirigendosi in senso obliquo con l’apice in zona labiale. Questo dettaglio non va confuso con il solco prossimale che invece è creato dall’avvicinamento delle creste marginali labiali e linguali sia in zona mesiale che distale (Figg. 10a-d).

L’incisivo laterale ha il medesimo sviluppo crestale dell’incisivo centrale ma con minore effetto torsionale, questo è dovuto principalmente alle sue dimensioni ridotte rispetto all’incisivo contiguo.

Il canino è invece l’elemento dentale con la caratteristica torsionale più spiccata rispetto a tutti gli elementi presenti nel cavo orale, questo è dovuto principalmente all’assenza di torsione dell’enorme radice, relegando così alla corona, la totalità dell’aspetto torsionale che abbinato alla grande cresta di sviluppo centrale che gli conferisce la classica forma a cuneo, mette in risalto ancor più la forza di incisione di questo elemento dentale. La posizione strategica che assume all’interno della chiostra dentale va a creare l’armonico passaggio tra gli elementi di incisione e i quadranti masticatori.

Una conoscenza approfondita dei dettagli anatomici naturali ci favorisce nella comprensione delle diverse modifiche dell’aspetto coronale che subiscono gli elementi dentali dalla fase adolescenziale all’età adulta, in quanto il dente è l’unico organo del corpo umano che ha una perdita dimensionale naturale con il passare degli anni (Figg. 11a-d).

Ogni nostra conoscenza diviene parte intrinseca di tutto ciò che realizziamo, ma può essere vanificata dalla complessità di fattori esterni ai protocolli operativi che portano a un risultato soddisfacente.

Il punto di svolta è il lavoro di un team realizzativo, che dalla fase progettuale sino alla consegna del manufatto ultimato, vive dell’interscambio dei pensieri tra ogni figura che lo compone e che è parte integrante del coro, dagli specialisti clinici alle assistenti alla poltrona, all’odontoprotesista con i suoi collaboratori. Solo in questo caso la coda di quel magnifico strumento non resterà unicamente il peso del fardello che ci opprime, ma diverrà sempre più spesso promotrice di gioia per quella sinfonia che prende anima dal movimento armonico delle sapienti mani su quegli splendidi… “tasti”.

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Ringraziamenti
Ringrazio la mia famiglia, colonna portante della mia vita, per l’essenziale contributo che mi esprime ogni giorno.
Alessandro, Paolo e Riccardo, i miei collaboratori, che mi danno la possibilità di trovare un po’ di tempo per questo studio.
I clinici con cui collaboro, per la volontà di crescere insieme e per la stima reciproca che ci lega professionalmente.
Il dott. Vincenzo De Sivo e il collega Marcello Busardò, miei mentori letterari, per i sempre fedeli consigli.
Un grazie particolare a Paolo Miceli che ascolto da molti anni e riesce ancora a emozionarmi.

Bibliografia
1. Michelangelo. Artista, pensatore, scrittore. Edizione speciale Grande Enciclopedia. Istituto Geografico De Agostini, Novara.
2. Creazione dentale e armonia di un insieme. Il viaggio. Talarico, Morgante. Quintessenza Edizioni, 2006.
3. Tre ponti realizzati da ceramisti di fama mondiale. QDT – Quintessence of Dental Technology, 1991.
4. Atlante della morfologia dentale di Wheeler. Mayon M. Ash. Scienza e tecnica dentistica. Edizioni internazionali.
5. Combinazioni dentali anatomiche. Guida alla massima estetica dentale. Jin-Ho Phark, Giuseppe Romeo. Quintessence of Dental Technology 2013.
6. Morfologia naturale dei denti. Aspetto e forma dei restauri ceramici. Shigeo Kataoka, Yoshimi Nishimura. Scienza e tecnica dentistica. Edizioni Internazionali.
7. P. Magne, U. Belser. Restauri adesivi in ceramica dei denti anteriori. Quintessenza Edizioni, 2003.
8. Rufenacht Cr. Fondamenti di estetica. Quintessenza Edizioni, 1990.
9. Williams Jl. The Temperamental selection of artificial teeth a fallacy. Dent Digest 1914.
10. Williams Jl. A new classification of human tooth forms with special reference to a new system of artificial teeth. Dentists Suppl., 1914.
11. Arnheim R. Art end visual perception. A psychology of the creative eye. University of California, 1974.
12. Lukacs G. L’anima e le forme. Se, 1991.
13. Carrel A. L’uomo, questo sconosciuto. Bompiani, 1936.
14. Ferretti F. Pensare vedendo le immagini mentali nella scienza cognitiva. Carrocci, 1988.

L'articolo è stato pubblicato sul numero 3 di Cosmetic Dentistry Italy 2014.

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